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MARIO NIGRO Una vita dedicata all'Arte SITO UFFICIALE DELL'ARTISTA a cura di Gianni Nigro Presidente dell'Archivio Artistico Mario Nigro |
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Biografia sintetica Ultimo di quattro figli, in tutto tre
maschi e una femmina, manifesta fin
dall’infanzia una spiccata predisposizione per la musica, chiedendo e
ottenendo di ricevere lezioni di violino. Le condizioni economiche della
famiglia non gli permettono, tuttavia, di proseguire lo studio dello strumento,
che pure aveva dimostrato di seguire con successo. Durante l’adolescenza riversa
questo suo bisogno di attività creative disegnando, su qualunque supporto gli
capitasse a tiro. La sua bravura a scuola si concretizza in un percorso universitario eccellente. Si laurea a pieni voti in Chimica a Pisa e viene assunto dall’Università come assistente di Mineralogia. La guerra, però, incalza, e ogni attività viene sospesa. Nel dopoguerra la madre, lo spinge ad iscriversi a Farmacia, forse anche per la paura di veder partire il figlio per altri lidi, alla ricerca di un lavoro. Alla facoltà di farmacia Antonio, da tutti chiamato col secondo nome di Mario, incontra la sua futura sposa. Diventa farmacista agli Spedali Riuniti di Livorno e nello stesso ospedale nasce il suo primo ed unico figlio, Gianni Nigro. Se di giorno miscela polverine al bilancino, di sera e alla domenica si dedica alla sua ormai unica grande passione: la pittura. E nel 1958 decide di abbandonare definitivamente l’impiego per poter raggiungere spesso il fratello, già a Milano da anni, e lì frequentare le gallerie, dove, tra gli altri, conosce Gillo Dorfles e frequenta movimenti artistici d’avanguardia. Nel 1964, anche grazie all’amicizia dell’artista argentino Lucio Fontana, è invitato alla Biennale di Venezia, dove tornerà, quattro anni più tardi, con una stanza interamente dedicata a lui. Alla fine degli anni Settanta la città di Milano lo gratifica di una personale al PAC, e verrà invitato altre due volte alla Biennale. La sua scomparsa avviene l’undici agosto del 1992, dopo una lunga malattia. |
Mio padre Da quando, poco più che ventenne, avevo spiccato il volo dal nido d’origine, mio padre
e io avevamo il nostro momento esclusivo, il nostro angolo segreto (si fa per dire) alle
dieci di mattina di ogni domenica, puntuali come un cucù svizzero, per parlare e sparlare
del mondo, per sentirci, per un paio d’ore, nuovamente padre e figlio, ma ancor più
amiconi e complici. Mi stringeva la spalla, con la sua mano, con quella mano decisa e ferma con la quale proseguiva a darmi, negli anni, la forza di avanzare, quel minimo di forza di cui avevo ancora bisogno, di cui avevo sempre nuovo bisogno, come se quella prima volta, in un pomeriggio novembrino, col sole orizzontale, tirrenico, che entrava polveroso nella stanza, come se quella decisiva intensa volta, non fosse poi stata del tutto sufficiente. Mio padre, se vogliamo, poteva essere definito un diversamente abile, affetto dalla nascita da palatoschisi (la mancata fusione delle ossa del palato). Emarginato nella stanza più nascosta della casa dai pregiudizi vecchi e fatiscenti e dagli assurdi e infondati sensi di gravi colpe dei genitori con un figlio nato male,in quella opprimente e umiliante condizione di emarginato, sviluppò una grinta geniale che lo spinse alla fame del sapere, alla sete del fare. Studiò violino, pianoforte, prese due lauree scientifiche, fu assistente universitario di mineralogia, e intanto utilizzava cartoni come supporto per dipingere, con tubetti spremuti e violati da decise pennellate, tentativi macchiaioli non convinti. Scienza e umanesimo, per lui, erano conviventi possibili. Convinto di non potersi esprimere pienamente con una voce distorta dalla malformazione del palato, cercò con ansia, con rabbia, nuove forme di comunicazione, finché, dapprima goffamente, poi con sempre più illuminata limpidezza, provò, proprio con la pittura, a trasmettere il suo sentire, a darlo a larghe mani, col progredire delle sue scelte artistiche, esprimenti la sua sempre più ampia Weltanschauung, definendone di volta in colta, i confini estremi, finalmente infiniti. Ma l’altra qualità necessaria era la sua coraggiosa determinazione, contro ogni conformismo, contro ogni pregiudizio, contro ogni meschinità, contro ogni miopia mentale, contro ogni pigrizia intellettuale, contro ogni allineamento opportunistico. con il suo determinato coraggio, riuscì a comunicare, al di là di ogni limite biologico. Quando si spense, lenta, lentamente, come la fiamma di una candela sotto a un bicchiere, rannicchiato, come un passerotto sparato, mi sembrava di vivere in un film bianco, come le pareti e i corridoi e le ruvide lenzuola dell’ospedale, dello stesso ospedale in cui ero nato e dove mio padre aveva travagliato e imprecato per dieci interminabili anni, bianco marmoreo, come il bianco di quella lontana vicina alba di agosto, finché mi parve che le mura dell’ospedale mi crollassero addosso. Poi, in pratica, si sopravvive.
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Nato a Pistoia. Nel peregrinare della Famiglia lungo tutto l'arco della Toscana del nord, alla ricerca di una cattedra stabile per il Professor Gabriele Nigro, praticamente di passaggio Antonio Mario Nigro nasce nello stupendo borgo di Pistoia, città della quale andrà orgoglioso per tutta la vita e che gli renderà grandissimi onori con una Personale memorabile... | Un’infanzia difficile L’infanzia di Mario Nigro, trascorsa di casa in casa, di trasloco in trasloco, tra Pistoia e Arezzo, tra Lucca e finalmente Livorno, non fu facile. Se la sorella lo proteggeva maternamente, non sempre i due fratelli maggiori erano benevoli con lui, ma soprattutto subiva l’emarginazione dovuta a una malattia congenita: la palatoschisi... |
Livorno. La città di Livorno, dopo il lungo peregrinare per la Toscana al seguito della famiglia, divenne infine la sua querencia, la sua patria adottiva. Qui, nella città labronica, diventò un giovanotto, studiò alle Medie e al Liceo, visse gli anni al tempo stesso spensierati e tormentati del passaggio tra l'infanzia e l'adolescenza e poi le epoche successive. E anche dalle tradizioni culturali di quella città seppe trarre ispirazione ed eventualmente lo spirito di ribellione sufficiente per andare oltre, magari contro... | Adolescenza Antonio Mario Nigro, a scuola, era bravissimo. O lo fu non solo per tutta l'adolescenza ma anche poi all'Università.Tuttavia non erano i libri la sua vera passione, ma piuttosto la musica, i colori, e quando sua sorella gli regalò una scatoli di tubetti a olio, per lui fu l'illuminazione. Nacquero subito, sopra ogni tipo di supporto possibile, dipinti in stile macchiaiolo, ritratti, nature morte, marine e pagliai... |
La Laurea. All’Università si distingue per brillantezza e intelligenza, e si laurea nello stesso giorno in cui prende l’ambito titolo l’ingegner Braschi, suo grande amico. Si era distinto anche nelle squadre sportive universitarie, nell’hockey su prato e soprattutto nel rugby. Per tutto ciò, lo chiamavano il cannone... | Mineralogia. Parallelamente a qualche timido tentativo di esporre le sue opere, ottenne l’incarico di Assistente alla Facoltà di Mineralogia, sempre all’Università di Pisa. Tale esperienza, però, venne brutalmente interrotta dall’avvento della guerra, iniziata dapprima solo nei proclami retorici dei capi del Regime, poi arrivata all’improvviso con tutta la violenza di ogni guerra… |
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Mario e Gianni Nigro, al mare, discutendo di Biologia marina |